Il ricordo, senza consapevolezza critica, non basta a lasciare il segno nella storia. "Meditare" sugli avvenimenti significa imparare una lezione e, tra l'altro, provare a marginalizzare l'eterno scambio di ruoli tra vittime e carnefici.
Discutete e confrontatevi liberamente sulla lezione. Basta "postare" qui sotto (potete usare l'identità "anonimo" senza registrarvi), senza dimenticarvi di aggiungere il vostro nome, cognome e matricola (in caso contrario non verrà pubblicato).
venerdì 9 novembre 2012
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Ciò su cui mi sono messa a riflettere d'istinto è l'ingente e, troppo spesso invadente, presente di una potenza mondiale negli affari di paesi minoritari.
RispondiEliminaOvviamente non vorrei che gli eventi di un paese o più si svolgessero nell'indifferenza generale degli altri, ma che questi decidano d'intervenire seguendo non soltanto i propri guadagni economici e politici.
Mi rendo conto che così facendo si finirebbe nell'utopia, quindi eviterò di dilungarmi in ciò che idealmente sarebbe perfetto.
Quello che sarebbe bene sottolineare è quanto gli eventi non siano circoscritti esclusivamente ad un popolo, ad una cultura ma spesso alle interferenze esterne che spingono fazioni di uno stesso paese a scontrarsi. L'ingerenza dell'Inghilterra nella questione della guerra arabo-israeliana, ad esempio, ha inevitabilmente cambiato l'importanza dell'evento.
Tutto ciò che accade al di fuori dei nostri confini geografici ci sembra lontano, anche se geograficamente e culturalmente vicinissimo.
Ciò che dovrebbe far storcere il naso è che permettiamo a chi non può capire nulla (perché non possiede la stessa cultura), di intervenire solo perché più "forte" di noi.
Seriamente: cosa c'entra l'Inghilterra con gli affari del Mediterraneo?
E questa è una problematica nata con il periodo del primo colonialismo. Come facciamo a sottostare ad un'isoletta non bagnata dal Mediterraneo, dove anche la lingua fa parte di un ceppo diverso rispetto a quelle del Mediterraneo? E' come se un estraneo mettesse bocca in ciò che accade a casa nostra solo perché è ricco e potente.
E questo vale anche per le deportazioni della seconda guerra mondiale. (Non a caso il tedesco fa parte dello stesso ceppo linguistico dell'inglese).
La mia riflessione, come potete constatare, è carica di interrogativi.
A voi la parola!
Carmen Scialò
MCC/ 252